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  • : Storie, fatti e commenti a cura di Antonio Montanari Agg. 24.12.2021
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21 octobre 2009 3 21 /10 /octobre /2009 15:03
Nella sentenza sul lodo Alfano, la Corte non poteva discutere del ruolo di Napolitano, ma solo ricostruire i fatti



Scrivevo ieri che la sentenza della Corte costituzionale sul lodo Alfano, "sconfessa gli esperti giuridici del Quirinale". Ritorno sul discorso perché oggi si parla sui giornali della stessa sentenza in toni che contraddicono quanto qui da me sostenuto.
Ad esempio sul "CorSera" appare questo titolo virgolettato (quindi la frase è attribuita alla sentenza): «"La firma del Quirinale fu corretta"».

Nella sentenza si trova che la legge Alfano rispetto a quella Schifani presentava "significative novità normative".
Sul loro riconoscimento, prosegue la sentenza, "si basano le note del Presidente della Repubblica [...] che hanno accompagnato sia l'autorizzazione alla presentazione alle Camere del disegno di legge in materia di processi penali alle alte cariche dello Stato sia la successiva promulgazione della legge".

Come si ricava dal contesto, la cosiddetta difesa del Quirinale da parte della Corte è formale. Perché non era chiamata la Corte ad entrare nella sostanza del comportamento del Quirinale.

Cioè la Corte dichiara che il Quirinale nel suo agire ha riconosciuto le "novità" del testo di Alfano rispetto a quello di Schifani, quindi non può essere accusato di aver equivocato sul testo della seconda legge.

Però quando si va alla sostanza delle cose, si deve concludere (da parte del semplice cittadino) che la bocciatura del 7 ottobre 2009 dell'art. 1 della legge 23 luglio 2008, n. 124 (lodo Alfano) richiama inevitabilmente la bocciatuta del lodo Schifani.
L'articolo 1 di Alfano è infatti lo stesso testo che si trova in quello di di Schifani (legge 20.6.2003, n. 140, art. 1, comma 2)!

Ma se usciamo dal formalismo giuridico ed andiamo alla sostanza delle cose (sulla quale non può entrare la Corte), vediamo che la Corte boccia nella sostanza dei fatti ciò che gli esperti del Quirinale hanno consigliato Napolitano di approvare. Semplice.
La Corte non poteva dire altro. Quello che si legge nella sentenza, sulle "note" del Quirinale, risponde a "rimettente e parti".

Il rimittente è il tribunale di Milano che ha sollevato il caso. Le parti sono invece il presidente del Consiglio e l'onorevole Silvio Berlusconi. Ovvero la stessa persona sdoppiata nei due ruoli di politico e di cittadino, che hanno agito in giudizio.

Per chiudere. Massima stima a Napolitano, nessuna condivisione degli attacchi di cui è fatto oggetto da parte del governo o di Di Pietro, ma la verità anzitutto: sul lodo Alfano, nel migliori dei casi, il presidente della Repubblica poteva fare più per aprire gli occhi alla pubblica opinione con un messaggio alle Camere. Previsto dalla Costituzione. Per cui confermo quello che ho scritto ieri. Ed in passato.

[21.10.2009, anno IV, post n. 305 (1025), © by Antonio Montanari 2009. Mail.]

Divieto di sosta. Antonio Montanari. blog.lastampa.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Published by antonio montanari - dans antoniomontanari