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5 avril 2007 4 05 /04 /avril /2007 16:05
BIBLIOTECA MALATESTIANA DI SAN FRANCESCO A RIMINI
Notizie e documenti

1475. Testamento di Roberto Valturio che lascia la propria biblioteca alla «liberaria» (libreria) del convento dei frati di San Francesco di Rimini «ad usum studentium et aliorum fratrum et hominum civitatis Arimini», con la clausola che i frati facciano edificare «unan aliam liberariam in solario desuper actam ad dictum usum liberarie».
Dal documento (pubblicato per la prima volta da Angelo Battaglini nel 1794 in Della corte letteraria di Sigismondo Pandolfo Malatesta), ricaviamo:

1. Nel 1475 esiste già una «liberaria» del convento di San Francesco.
2. Questa «liberaria» è posta al piano terreno.
3. Essa «liberaria» (scrive A. Battaglini) era già diventata copiosa a spese di Sigismondo, ma giaceva «in piano a terra pregiudicevole a materiali sì fatti» (Battaglini, op. cit., p. 168).
Il trasporto al piano superiore avviene nel 1490 (v. sotto).
Conclude Battaglini che Rimini «dovette dunque non meno a Sigismondo suo Principe, che al suo cittadino Roberto Valtùri [Valturio] l’acquisto fatto d’una pubblica Biblioteca» (Battaglini, op. cit., p. 170).
Sigismondo, come ricorda per primo Valturio, dona alla biblioteca monastica francescana, progettata dallo zio Carlo Malatesti, «moltissimi volumi di libri sacri e profani, e di tutte le migliori discipline» [cfr. R. VALTURIO, De re militari, XII, 13].

1490. L’iscrizione del 1490 (e non 1420 come si era in un primo tempo letta), ricorda il trasferimento della biblioteca francescana al piano superiore del convento da quello a terra, «pregiudicievole a materiali sì fatti» (Battaglini, op. cit., p. 169). Questa iscrizione è conservata nel Museo della Città di Rimini.
Di questa iscrizione non è stata mai fornita sinora la corretta trascrizione. Infatti si è letto come «sum» quanto va trascritto come «summa».
Il testo latino (spezzato da noi per comodità di lettura) è questo:
«Principe Pandulpho.
Malatestae sanguine cretus, dum Galaotus erat spes patriaeque pater.
Divi eloqui interpres, Baiote Ioannes, summa tua cura sita hoc biblioteca loco. 1490».

Ecco la traduzione: «Sotto il principato di Pandolfo. Mentre Galeotto, nato dal sangue di Malatesta, era speranza e padre della Patria. Per tua somma cura, Giovanni Baioti teologo, la biblioteca è stata posta in questo luogo. 1490»

Pandolfo IV, 1475-1534, è figlio di Roberto Novello (1442-1482), a sua volta figlio di Sigismondo (1417-68).
Roberto è morto combattendo al servizio della Chiesa. Con lui era Raimondo Malatesti (figlio di Almerico Malatesta e di Amabilia Castracani) che reca a Rimini la notizia della morte del signore della città.

Galeotto [Galeotto II Lodovico], figlio di Almerico Malatesta (e quindi fratello di Raimondo), è tutore di Pandolfo e governatore di Rimini.

Giovanni Baiotti da Lugo, frate francescano, è teologo e guardiano del convento di San Francesco.

Raimondo Malatesti il 6 marzo 1492 è ucciso dai nipoti Pandolfo e Gaspare, figli del fratello Galeotto II Lodovico ricordato nella lapide.
Il delitto è considerato da Clementini all'origine di tutti i mali che affliggono successivamente Rimini, ovvero «il precipizio de' cittadini e l'esterminio de signori» Malatesti e della loro casa.
Il 31 luglio 1492 Pandolfo e Gaspare, gli uccisori dello zio Raimondo, sono utilizzati dal padre Galeotto II Lodovico per una congiura contro lo stesso Pandolfo IV e la sua famiglia.
A mandarla all'aria evitando una strage, ci pensa Violante Aldobrandini, seconda moglie dello stesso Galeotto Lodovico e sorella di Elisabetta, madre di Pandolfo IV.
In casa di Elisabetta era stato ucciso Raimondo Malatesti quasi cinque mesi prima (il 6 marzo 1492).
Nella stessa abitazione di Elisabetta è ammazzato Galeotto Lodovico, mentre suo figlio Pandolfo è tolto di mezzo in casa del signore di Rimini Pandolfo IV. Gaspare invece è arrestato, processato sommariamente e decapitato.
Due mesi e mezzo dopo la congiura fallita e la morte dei suoi ideatori, Violante convola a nuove nozze. Violante era la matrigna di Gaspare e Pandolfo, figli della prima moglie di Galeotto Lodovico.
Pandolfo di Galeotto Lodovico a sua volta ebbe quattro figli (Carlo, Malatesta, Raffaella, Laura) perdonati da Pandolfo IV a testimonianza della sua volontà di pacificazione all'interno della famiglia e della città.
Dal 1492 per circa un secolo, gli omicidi politici che abbiamo registrato, continueranno «a far calare sangue», come acutamente osserva Rosita Copioli.


1430. Il progetto di costituire una biblioteca aperta al pubblico e utile soprattutto agli studenti poveri, è testimoniato nel 1430 per iniziativa di Galeotto Roberto Malatesti, che segue una intenzione dello zio Carlo (morto l'anno prima).

1560. La biblioteca era costituita da due file di plutei di venti elementi ciascuna.
Questo dato risulta da un inventario del 1560 (p. 346) conservato a Perugia e pubblicato nel 1901 da Giuseppe Mazzatinti in un saggio intitolato La biblioteca di San Francesco (Tempio malatestiano) di Rimini, contenuto nel volume «Scritti vari di Filologia» apparso a Roma presso Forzani, Tipografi del Senato, pp. 345-352.
Il saggio di Mazzatinti è datato «Forlì, agosto 1901».


Augusto Campana [1931] nel celebre studio sulle biblioteche italiane, scrive al proposito:«È possibile, ma è prudente darlo solo come possibile, “che questa libreria – per servirmi delle parole del Massèra – fosse affidata ai frati di San Francesco”». Prosegue Campana: «Ad ogni modo presso di quelli, verso la metà del quattrocento, dovette stabilirsi una notevole raccolta di libri», poi arricchita da Sigismondo (v. sopra).Quindi Campana non mette in dubbio l’esistenza di una pubblica biblioteca malatestiana «ad communem usum pauperum et aliorum studentium», ma segnala che è prudente (seguendo Massèra) considerare possibile una sua gestione da parte dei frati.
Il che però contrasta fortemente con il testamento di Valturio del 1475 che si rivolge direttamente a quei frati. Se non l’avessero gestita loro, Valturio non avrebbe scritto quanto leggiamo nelle sue volontà (in ben tre stesure), dove sempre si parla della «libreria del convento dei frati di San Francesco».Le carte d’archivio parlano chiaramente, e fanno decadere l’osservazione di Massèra e la conseguente cautela di Campana.
XVII secolo, crisi All’inizio del secolo XVII, precisa Antonio Bianchi (Storia di Rimino dalle origini al 1832, Rimini 1997, a cura di Antonio Montanari, p. 146), «della preziosa libreria, che i Malatesti, per conservarla ad utile pubblico, avevano dato in custodia ai frati di San Francesco», restano soltanto quattrocento volumi per la maggior parte manoscritti.
XVII secolo, crisi, prima ipotesi (meno accreditabile) Questo «rimasuglio» di quattrocento volumi, va perduto secondo monsignor Giacomo Villani (1605-1690), perché quelle carte preziose finiscono in mano ai salumai («deinde in manus salsamentariorum mea aetate pervenisse satis constat»).
XVII secolo, crisi, seconda ipotesi (più realistica) Federico Sartoni (1730-86), come riferisce Luigi Tonini (Rimini dopo il Mille, p. 94), sostiene invece che i frati vendettero la libreria alla famiglia romana dei Cesi, alla quale appartengono i fratelli Angelo (vescovo di Rimini dal 1627 al 1646) e Federico, fondatore dell'Accademia dei Lincei nel 1603.Il manoscritto di Sartoni è in BGR, Sc-Ms.1136:Sartoni, Federico Cosimo, Copia di uno zibaldone mss. che era in Casa Sartoni ed ora posseduto dal N. U. Signor Domenico Mattioli, contenente memorie ed avvertimenti per la storia di Rimini... Sta in: Tonini, Luigi: [Cronache riminesi...] (cc. 222-97). La parte che qui interessa è alle cc. 49-50.

Conclusione. Se la biblioteca Gambalunga (1619) è la terza in Italia ad essere pubblica dopo l'Ambrosiana di Milano (1609) e l'Angelica di Roma (1614), a quella di Francescani e Malatesti del XV secolo spetterebbe il merito di essere stata la prima in assoluto.
La Gambalunga, va aggiunto, è la prima in Italia ad essere «civica» (cioè del Comune).

Antonio Montanari

Vedere anche qui:
www.e-monsite.com/antoniomontanari
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Published by antonio montanari - dans antoniomontanari