Ieri sul blog locale "LiberaRimini" è apparso questo mio commento alla questione urbanistica, intitolato "I piedi per terra".
Lo riporto integralmente.
Quando i “modellini” dei progetti del nuovo lungomare sono stati esposti a Torino, in un convegno d’architettura, le cronache ufficiali con orgoglio segnalarono l’alto numero di visitatori. Il dato non significa nulla circa il gradimento. Sul quale d’altra parte può dire ben poco un visitatore frettoloso e lontano dall’ambiente in cui quei progetti vanno collocati.
Insomma l’esposizione torinese è sembrata simile alle mostre da dopolavoro ferroviario con i plastici dei treni in scala ridotta. Rallegrano i bambini, incuriosiscono i loro genitori, inorgogliscono gli ideatori che i giornali definiscono geniali.
Sino a prova contraria c’è una qualche differenza tra il passatempo dei trenini e l’esposizione di progetti architettonici. Per cui sarebbe utile sapere se essi, i progetti, sono stati disegnati dopo studi geologici necessari in un territorio come Rimini, con particolare morfologia della costa e con storica sismicità. È un fatto di cultura, quello di esaminare la terra su cui si sta seduti, se vogliamo costruirci sopra. Rimini è da sempre avvolta dai fumi dei sogni. Che una volta sono felliniani, ed un’altra travestimenti di pateracchi politici. Questi fumi non le fanno vedere dove poggia i piedi, in una materia in cui è fondamentale andare con i piedi di piombo e tenere i piedi medesimi ben piantati per terra. La cultura non è parlare di qualsiasi cosa a ruota libera. Ma capire il rapporto tra i nostri progetti e le questioni concrete. Noi a Rimini siamo abituati a divagare. La città vuol darsi un volto nuovo sulla riva del mare, ma conserva il rudere di palazzo Lettimi dal 1944, per non dire del fantasma del teatro Galli. Tutto ciò potrebbe essere considerato come morboso attaccamento al passato. Forse si tratta soltanto di incapacità di leggere il presente. Intanto si corre verso quelle che lo storico Sergio Luzzato ha battezzato «devastazioni bipartisan» riferendosi alla Liguria ed al libro che le denuncia, «Il partito del cemento» di Marco Preve e Ferruccio Sansa, ed. Chiarelettere. Pro memoria: dopo «rapalizzare» non per nulla nel 1988 (!) è nato «riminizzare». Allora un ex federale del Pci, Nando Piccari, dichiarò: quel dizionario usa un termine di cui è evidente «la natura gratuita, falsa ed offensiva». E chiese al sindaco «di prendere provvedimenti». Fu la famosa “disfida di Burletta”.
Antonio Montanari
Sul 1988, si può leggere questa mia pagina dalla storia del settimanale riminese "il Ponte":
"Riminizzare" e polemizzare
"Riminizzare" è un nuovo verbo che il Dizionario italiano ragionato spiega così: "Deturpare con un’eccessiva concentrazione di costruzioni o, come si dice, con ‘colate di cemento’". Politici ed intellettuali insorgono. L’avv. Veniero Accreman "per giustificare il grattacielo, da raffinato intellettuale borghese che ha ben imparato la lezione di Marx, inframmezzando citazioni dotte da Dante e Carducci", ricorda "le schiere di disoccupati rumoreggianti che chiedevano lavoro". L’ex sindaco "Ceccaroni fa spallucce: Rimini non è peggio del resto del Paese, e poi allora bisognava ricostruire. Il passato, cioè, non si discute". Un ex federale del Pci, Nando Piccari, dichiara che "quel dizionario usa un termine di cui è evidente "la natura gratuita, falsa ed offensiva", chiedendo al sindaco Conti di prendere provvedimenti". [1]
I conti con il passato sembrano non tornare. Ma anche quelli con il presente paiono confusi. Lo testimoniano le polemiche che serpeggiano nella cittadella del potere o sui quotidiani. "La mancanza di programmi chiari sullo sviluppo futuro di tutta l’aria riminese influisce sugli investimenti": la CISL territoriale s’impegna a lavorare su quelle questioni che gli enti pubblici trascurano, come i servizi sociali "che sono un disastro". [2] Un agente di viaggio statunitense, Mario Perrillo, definisce Rimini "una città un po’ triste, anche se nel complesso non c’è male". "Hanno ammazzato il mare", scrive L’Europeo, in un servizio ironico sui politici locali che vogliono trasformare lo ‘sporco’ dell’Adriatico "in oro per i propri elettori". Preso di mira è soprattutto l’assessore regionale al Turismo, il riminese Giuseppe Chicchi (Pci) che, con il motto "bisogna utilizzare al meglio quest’opportunità", ha chiesto "soldi per gli albergatori" ed ha proposto, nel piano antinquinamento, la trasformazione della statale 16 in autostrada ed una metropolitana da Cattolica a Ravenna. "Una città di cartapesta" è Rimini, secondo don Aldo Magnani che sul Carlino annota: "Politici, amministratori, economisti, tutti i demiurghi del rinnovamento cittadino l’hanno imbottita di parole suggestive".
"Rimini sta cambiando più di quanto non sia dato a vedere", anche per merito del vento di garbino "che ci aiuta a capire i problemi e a trovare il modo di risolverli compostamente": lo dichiara il sindaco Conti. Da Riccione, il sindaco Pierani pungola il collega di Rimini, affinché si muova a risolvere i problemi comuni: acqua, rifiuti, trasporti, erosione, Marano, APT… "Conti risponde scocciato: "Mi sono stufato delle bolle di sapone", e fa capire che a Riccione per certe cose (acqua e sabbia) fanno gli scrocconi". Il federale del Pci Sergio Gambini vede nero: la situazione a Rimini è grave. L’attuale sistema di imprese "non ha cervello". I privati debbono svegliarsi. La città deve rinnovarsi, con una "diversa viabilità, un altro sistema di trasporti, parcheggi, isole pedonali", meno lavoro nero, più cultura e più valorizzazione dell’ambiente. [3]
L’Azienda di promozione turistica lancia il nuovo marchio della Riviera, rassomigliante ad un gomitolo: "un disegno che sembra più adatto alla réclame della Lana Gatto" che a quella della costa. La giornalista Marian Urbani scrive sul Ponte: "Giro il mondo e vedo che la nostra Riviera sta perdendo inesorabilmente dei colpi: troppo campanilismo, troppe chiacchiere a vuoto". Un altro giornalista, Giuliano Zanotti osserva: "I grandi discorsi sui massimi sistemi dell’universo riminese vanno benissimo, ma perché non cominciare col risolvere i piccoli problemi", per i quali "basterebbe poco più di una buona volontà?". E conclude: "Un giorno un noto esponente diccì mi confidò: il Comune ama l’elettore, il turista non è elettore, il Comune non ama il turista". [4]
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NOTE
[1] Cfr. La Settimana, n. 31, 7/8/88.; e Tama, La disfida di Burletta, n. 32, 28/8/88. Una sintesi dei principali fatti di cronaca del 1988 è nelle pagine speciali della Settimana, intitolate L’88 è andato anche così, ed apparse sul n. 48, Natale 1988.
[2] Cfr F. Semprini, I nostri amministratori pensano in piccolo, n. 22, 29/5/88. È un’intervista a Gabriele Casadei.
[3] Cfr. La Settimana, n. 33, 4/9/88. (Ad una metropolitana costiera pensa anche la CMC di Ravenna: cfr. L. Mari, Quel supertreno per Rimini, n. 1, 1/1/88; Id., Il futuro si chiama rotaia?, n. 43, 20/11/88). Cfr. La Settimana, n. 3, 17/1/88; A. M., Rimini, la bella addormentata che aspetta il principe azzurro, n. 33, 4/9/88; La Settimana, n. 2, 10/1/88, e n. 34, 11/9/88.
[4] Cfr. Go!, Un turismo da leoni, n. 9, 28/2/88; M. Urbani, L’immobilismo dell’APT, n. 12, 20/3/88, ove si richiama un precedente articolo di Giorgio Tonelli, Ci vorrebbe una lotteria, n. 9, 28/2/88; e G. Zanotti, Il Comune non ama il turista?, n. 15, 3/4/88.