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  • : Notizie dall'Italia
  • : Storie, fatti e commenti a cura di Antonio Montanari Agg. 24.12.2021
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28 juillet 2008 1 28 /07 /juillet /2008 11:57
BrambillaturismoRimini come la Liguria. Ieri sul "Corriere della Sera", lo storico Sergio Luzzato ha parlato delle "devastazioni bipartisan" riferendosi appunto alla Liguria ed al libro che le denuncia, "Il partito del cemento" di Marco Preve e Ferruccio Sansa, ed. Chiarelettere.
Anche a Rimini ci sono (e ci sono state) "devastazioni bipartisan" , e c'è da sempre "il partito del cemento".

Adesso pensano addirittura di stravolgere il lungomare, mentre tutto il sistema ricettivo mostra le sue rughe. E cominciano a cadere a pezzi (nel vero senso della parola) i vecchi alberghi: è successo al tetto di un hotel in via Catania, a Rimini.

Un esperto spiega (in base ai primi dati disponibili) che alla fine della stagione non crescerà il fatturato e caleranno le presenze. Un altro tecnico del settore, che sinora era sempre stato ottimista, preannuncia una diminuzione di  presenze fra il 2,7 ed il 3,7 per cento, di fronte ad un calo generale dell'Italia del 5 o del 6.

A questo punto verrebbe da chiedersi che cosa ne dice l'on. Brambilla, sottosegretario al Turismo. Già il declassamento da ministero a sottosegretariato, non è stato un buon segno di indirizzo politico dimostrato dal governo. Poi la gentile signora non ha particolare competenza nel settore. Se comincia ad andar male il turismo romagnolo, ne derivano gravi conseguenze all'economia nazionale.

Davanti a questo scenario di crisi più o meno seria, a che cosa pensano gli amministratori di Rimini? A rifare il lungomare con dei progetti che sono stati di recente presentati a Rimini ed a Torino, ad un convegno di architetti. Sino ad oggi non è dato di sapere (come ho scritto su "LiberaRimini"), se quei progetti sono stati disegnati dopo studi geologici necessari in un territorio come Rimini, con particolare morfologia della costa e con storica sismicità.

Rimini è da sempre avvolta dai fumi dei sogni. Che una volta sono felliniani, ed un’altra travestimenti di pateracchi politici. Questi fumi non le fanno vedere dove poggia i piedi, in una materia in cui è fondamentale andare con i piedi di piombo e tenere i piedi medesimi ben piantati per terra.

Noi a Rimini siamo abituati a divagare. La città vuol darsi un volto nuovo sulla riva del mare, ma conserva il rudere di palazzo Lettimi dal 1944, per non dire del fantasma del teatro Galli. Tutto ciò potrebbe essere considerato come morboso attaccamento al passato. Forse si tratta soltanto di incapacità di leggere il presente.

Tornando al libro citato da Luzzatto ed alle «devastazioni bipartisan» della Liguria: dopo «rapalizzare» non per nulla nel 1988 (!) è nato «riminizzare».
Allora un ex federale del Pci, Nando Piccari, dichiarò: quel dizionario usa un termine di cui è evidente «la natura gratuita, falsa ed offensiva». E chiese al sindaco «di prendere provvedimenti». Fu la famosa “disfida di Burletta”.
Sulla quale pubblico questa pagina, tolta da un mio libro.

[Anno III, post n. 234 (611), © by Antonio Montanari 2008]

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Published by antonio montanari - dans Rimini
28 juillet 2008 1 28 /07 /juillet /2008 10:31
Ieri sul blog locale "LiberaRimini" è apparso questo mio commento alla questione urbanistica, intitolato "I piedi per terra".
Lo riporto integralmente.


Quando i “modellini” dei progetti del nuovo lungomare sono stati esposti a Torino, in un convegno d’architettura, le cronache ufficiali con orgoglio segnalarono l’alto numero di visitatori. Il dato non significa nulla circa il gradimento. Sul quale d’altra parte può dire ben poco un visitatore frettoloso e lontano dall’ambiente in cui quei progetti vanno collocati.
Insomma l’esposizione torinese è sembrata simile alle mostre da dopolavoro ferroviario con i plastici dei treni in scala ridotta. Rallegrano i bambini, incuriosiscono i loro genitori, inorgogliscono gli ideatori che i giornali definiscono geniali.
Sino a prova contraria c’è una qualche differenza tra il passatempo dei trenini e l’esposizione di progetti architettonici. Per cui sarebbe utile sapere se essi, i progetti, sono stati disegnati dopo studi geologici necessari in un territorio come Rimini, con particolare morfologia della costa e con storica sismicità. È un fatto di cultura, quello di esaminare la terra su cui si sta seduti, se vogliamo costruirci sopra. Rimini è da sempre avvolta dai fumi dei sogni. Che una volta sono felliniani, ed un’altra travestimenti di pateracchi politici. Questi fumi non le fanno vedere dove poggia i piedi, in una materia in cui è fondamentale andare con i piedi di piombo e tenere i piedi medesimi ben piantati per terra. La cultura non è parlare di qualsiasi cosa a ruota libera. Ma capire il rapporto tra i nostri progetti e le questioni concrete. Noi a Rimini siamo abituati a divagare. La città vuol darsi un volto nuovo sulla riva del mare, ma conserva il rudere di palazzo Lettimi dal 1944, per non dire del fantasma del teatro Galli. Tutto ciò potrebbe essere considerato come morboso attaccamento al passato. Forse si tratta soltanto di incapacità di leggere il presente. Intanto si corre verso quelle che lo storico Sergio Luzzato ha battezzato «devastazioni bipartisan» riferendosi alla Liguria ed al libro che le denuncia, «Il partito del cemento» di Marco Preve e Ferruccio Sansa, ed. Chiarelettere. Pro memoria: dopo «rapalizzare» non per nulla nel 1988 (!) è nato «riminizzare». Allora un ex federale del Pci, Nando Piccari, dichiarò: quel dizionario usa un termine di cui è evidente «la natura gratuita, falsa ed offensiva». E chiese al sindaco «di prendere provvedimenti». Fu la famosa “disfida di Burletta”.
Antonio Montanari

Sul 1988, si può leggere
questa mia pagina dalla storia del settimanale riminese "il Ponte":

"Riminizzare" e polemizzare

"Riminizzare" è un nuovo verbo che il Dizionario italiano ragionato spiega così: "Deturpare con un’eccessiva concentrazione di costruzioni o, come si dice, con ‘colate di cemento’". Politici ed intellettuali insorgono. L’avv. Veniero Accreman "per giustificare il grattacielo, da raffinato intellettuale borghese che ha ben imparato la lezione di Marx, inframmezzando citazioni dotte da Dante e Carducci", ricorda "le schiere di disoccupati rumoreggianti che chiedevano lavoro". L’ex sindaco "Ceccaroni fa spallucce: Rimini non è peggio del resto del Paese, e poi allora bisognava ricostruire. Il passato, cioè, non si discute". Un ex federale del Pci, Nando Piccari, dichiara che "quel dizionario usa un termine di cui è evidente "la natura gratuita, falsa ed offensiva", chiedendo al sindaco Conti di prendere provvedimenti". [1]

I conti con il passato sembrano non tornare. Ma anche quelli con il presente paiono confusi. Lo testimoniano le polemiche che serpeggiano nella cittadella del potere o sui quotidiani. "La mancanza di programmi chiari sullo sviluppo futuro di tutta l’aria riminese influisce sugli investimenti": la CISL territoriale s’impegna a lavorare su quelle questioni che gli enti pubblici trascurano, come i servizi sociali "che sono un disastro". [2] Un agente di viaggio statunitense, Mario Perrillo, definisce Rimini "una città un po’ triste, anche se nel complesso non c’è male". "Hanno ammazzato il mare", scrive L’Europeo, in un servizio ironico sui politici locali che vogliono trasformare lo ‘sporco’ dell’Adriatico "in oro per i propri elettori". Preso di mira è soprattutto l’assessore regionale al Turismo, il riminese Giuseppe Chicchi (Pci) che, con il motto "bisogna utilizzare al meglio quest’opportunità", ha chiesto "soldi per gli albergatori" ed ha proposto, nel piano antinquinamento, la trasformazione della statale 16 in autostrada ed una metropolitana da Cattolica a Ravenna. "Una città di cartapesta" è Rimini, secondo don Aldo Magnani che sul Carlino annota: "Politici, amministratori, economisti, tutti i demiurghi del rinnovamento cittadino l’hanno imbottita di parole suggestive".

"Rimini sta cambiando più di quanto non sia dato a vedere", anche per merito del vento di garbino "che ci aiuta a capire i problemi e a trovare il modo di risolverli compostamente": lo dichiara il sindaco Conti. Da Riccione, il sindaco Pierani pungola il collega di Rimini, affinché si muova a risolvere i problemi comuni: acqua, rifiuti, trasporti, erosione, Marano, APT… "Conti risponde scocciato: "Mi sono stufato delle bolle di sapone", e fa capire che a Riccione per certe cose (acqua e sabbia) fanno gli scrocconi". Il federale del Pci Sergio Gambini vede nero: la situazione a Rimini è grave. L’attuale sistema di imprese "non ha cervello". I privati debbono svegliarsi. La città deve rinnovarsi, con una "diversa viabilità, un altro sistema di trasporti, parcheggi, isole pedonali", meno lavoro nero, più cultura e più valorizzazione dell’ambiente. [3]

L’Azienda di promozione turistica lancia il nuovo marchio della Riviera, rassomigliante ad un gomitolo: "un disegno che sembra più adatto alla réclame della Lana Gatto" che a quella della costa. La giornalista Marian Urbani scrive sul Ponte: "Giro il mondo e vedo che la nostra Riviera sta perdendo inesorabilmente dei colpi: troppo campanilismo, troppe chiacchiere a vuoto". Un altro giornalista, Giuliano Zanotti osserva: "I grandi discorsi sui massimi sistemi dell’universo riminese vanno benissimo, ma perché non cominciare col risolvere i piccoli problemi", per i quali "basterebbe poco più di una buona volontà?". E conclude: "Un giorno un noto esponente diccì mi confidò: il Comune ama l’elettore, il turista non è elettore, il Comune non ama il turista". [4]

****

NOTE

[1] Cfr. La Settimana, n. 31, 7/8/88.; e Tama, La disfida di Burletta, n. 32, 28/8/88. Una sintesi dei principali fatti di cronaca del 1988 è nelle pagine speciali della Settimana, intitolate L’88 è andato anche così, ed apparse sul n. 48, Natale 1988.

[2] Cfr F. Semprini, I nostri amministratori pensano in piccolo, n. 22, 29/5/88. È un’intervista a Gabriele Casadei.

[3] Cfr. La Settimana, n. 33, 4/9/88. (Ad una metropolitana costiera pensa anche la CMC di Ravenna: cfr. L. Mari, Quel supertreno per Rimini, n. 1, 1/1/88; Id., Il futuro si chiama rotaia?, n. 43, 20/11/88). Cfr. La Settimana, n. 3, 17/1/88; A. M., Rimini, la bella addormentata che aspetta il principe azzurro, n. 33, 4/9/88; La Settimana, n. 2, 10/1/88, e n. 34, 11/9/88.

[4] Cfr. Go!, Un turismo da leoni, n. 9, 28/2/88; M. Urbani, L’immobilismo dell’APT, n. 12, 20/3/88, ove si richiama un precedente articolo di Giorgio Tonelli, Ci vorrebbe una lotteria, n. 9, 28/2/88; e G. Zanotti, Il Comune non ama il turista?, n. 15, 3/4/88.



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Published by antonio montanari - dans Rimini
28 juillet 2008 1 28 /07 /juillet /2008 10:20
Il mio ricordo di Liliano Faenza è stato pubblicato domenica 27 luglio sul Corriere di Romagna.
Lo stesso testo si legge qui ("Un intellettuale non di provincia"), sul blog della Stampa, su "Rimini si racconta" della Provincia di Rimini e su "LiberaRimini".


Adesso di Liliano Faenza (era nato nel 1922) restano soltanto libri, articoli, saggi, il ricordo di una competenza messa più al servizio della cultura italiana che della città in cui è vissuto, Rimini. E dalla quale non si era mai voluto allontanare. Con quella pigrizia fisica che visse come sfida a se stesso prima che al mondo. Quasi per dimostrare a se stesso che bastava poco per vivere “bene”. Nei limiti di un concetto di bene che nulla aveva di cattolico, ma semmai era tutto socratico.
Quando parlava di religiosi, il gusto dell’aneddoto graffiante sui vizi segreti di certi ecclesiastici in vista, era l’inevitabile premessa all’elencazioni di dati indiscutibili, cioè rispondenti alla verità effettuale delle cose. Aveva un gusto del pettegolezzo come certi scrittori che lo avevano elevato a cornice del ritratto di un personaggio.
Conosceva i classici della letteratura come le sue tasche, non sbagliava i riferimenti, abbondava in citazioni. Non per sfoggio erudito, non per esibizionismo culturale. Soltanto per confermare all’interlocutore che, in fondo, ognuno di noi è una specie di summa dei libri letti. Perché la vita e la Storia insegnano poco, affidate come sono agli egoismi delle persone e agli affari dei gruppi di potere economico e degli apparati politici.
Il suo modo di vivere spartano e vagamente da misantropo, s’accompagnava ad un filantropismo ideologico da socialista ottocentesco, in lotta continua con il trionfante comunismo di mezzo secolo scorso, a cui dedicava derisione e censure.
Per formazione intellettuale avrebbe dovuto sostenere che “la Storia siamo noi”. A rappresentare l’idea poteva bastare un’immagine del “Quarto stato” di Pelizza da Volpedo. Invece finiva per constatare con amarezza e non celato disgusto che “la Storia sono loro”, i potenti di turno che gestivano la cosa pubblica.
Questi potenti si sono sempre disinteressati di lui, soltanto quando ormai era molto avanti negli anni gli consegnarono un riconoscimento un po’ platonico ed un po’ patetico, il “Sigismondo d’oro”, più utile agli amministratori cittadini per farsi belli che ai premiati per sentirsi finalmente famosi.
Un ricordo personale del 1961. Mi ero appena diplomato maestro elementare, avevo 19 anni. Partecipai al concorso indetto a Forlì. Mi ritrovai Faenza come vicino di banco. Già allora per noi era un mito. Lui aveva vent’anni più di me. Era laureato, lavorava alle Ferrovie dello Stato. Non aveva nessuna intenzione di cambiare mestiere. Voleva solo misurare se stesso in una prova intellettuale, ammesso che possa essere considerata tale un esame di concorso.
Leggendario era il racconto che si faceva del suo ufficio alle FFSS. Poche carte sul tavolo, inerenti al lavoro. Poi il cassetto della scrivania semiaperto, con i libri da leggere o da citare sui fogli che Faenza andava riempiendo. Agli occhi dei superiori erano carte d’ufficio. Invece si trattava di stesure di articoli, libri, saggi che Liliano Faenza andava componendo, perché poi nel tempo fuori dall’ufficio aveva altro da fare. Passare in libreria, vedere le ultime novità, lanciare qualche divertente frecciata verso questo o quel personaggio pubblico, poi rintanarsi nella biblioteca civica a sfogliare altre carte, a pensare per scrivere altre storie.
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26 juillet 2008 6 26 /07 /juillet /2008 18:33
3361fassino Dicono che i giovani studenti tedeschi non conoscono la Storia, se attribuiscono agli alleati americani la costruzione del muro di Berlino.
Ma forse anche Gianni Baget Bozzo non ricorda bene il passato dell'Europa nel secolo XIX, se sogna di dare tutto il potere ai Silvio, come una volta in Russia vollero dare tutto il potere ai soviet.

Baget Bozzo cerca di superare partiti ed equilibri costituzionali dello Stato di Diritto, per consegnare l'Italia al governo personale di Berlusconi, proponendo la revisione dell'art. 138 della nostra legge fondamentale.
Baget Bozzo giustifica la sua proposta mascherandola sotto l'insegna del motto "tutto il potere al popolo". Che non soltanto appunto rassomiglia tanto al ricordato proposito rivoluzionario di "tutto il potere ai soviet" d'infausta memoria, ma è un trucco logico che parte da una premessa di tipo teologico: "Berlusconi è diventato il volto della politica italiana".

Questo lo "crede" (appunto fideisticamente) don Baget Bozzo. Ma non risponde alla verità effettuale. L'uomo solo al comando non significa un uomo solo nell'agone politico. Vada per Fini, eclissato nella presidenza della Camera. Ma Bossi e la Lega dove li mettiamo?

Il cavaliere per ora sta facendo il gioco delle tre carte, ipnotizzando l'opposizione non perché sia un mago, ma perché il povero Fassino cade nel tranello dell'applauso unanime contro i giornali che rivelano certe notizie. Per cui Berlusconi può presentarsi come quegli attori di varietà che ballano il tango con metà corpo vestito da uomo e metà da donna. E così dire, come ha fatto ieri, di essere il capo della destra che fa una vera politica di sinistra.

Ha ragione Giuseppe D'Avanzo a scrivere su "Repubblica" di oggi che "l'applauso corale che ha accolto Fassino alla Camera è degno di attenzione. Annuncia una brutta stagione per l'informazione imputata di essere, quando fa il suo lavoro, soltanto 'disinformazione'".
Giustamente D'Avanzo richiama il precedente di "Telekom Serbija" (2006) e la "maligna macchinazione" contro Prodi e lo stesso Fassino. D'Avanzo scrive pure che in questa storia (Tavaroli-Telecom) "sono proprio i fatti che si preferisce omettere".

Ma la "scomparsa dei fatti" è una specie di marchio di fabbrica di Marco Travaglio, il quale di recente a D'Avanzo non è risultato troppo simpatico. Adesso D'Avanzo sembra arrivare come conclusione alle "premesse" di Travaglio che gli erano rimaste indigeste, a proposito del "caso Schifani".
Comunque è positivo che già due firme di peso dicano la stessa drammatica cosa, il potere italiano si basa su trame oscure e sulla "disinformazione" da troppi anni. Altro che Berlusconi volto nuovo della nostra realtà politica.


[Anno III, post n. 233 (610), © by Antonio Montanari 2008]

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26 juillet 2008 6 26 /07 /juillet /2008 10:29
Il post "Nebbia sul colle" di ieri sera, è segnalato stamani in home della "Stampa".
L'elenco dei
post segnalati sulla home della "Stampa" nel 2008.
All'
aggiornamento giornaliero dei miei post.
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Published by antonio montanari - dans antoniomontanari
25 juillet 2008 5 25 /07 /juillet /2008 18:00
Napolitano Sul primo Colle d'Italia, che è il Quirinale di Napolitano non il Pordoi di Coppi, si corre una gara che mira non a distruggere ma a consolidare la Costituzione.
Il traguardo è avvolto da qualche nebbia. Non tutti sono d'accordo sulla firma posta da Napolitano alla legge conosciuta come "lodo Alfano".
Con il quale quattro cittadini oggi sono più uguali degli altri rispetto alla stessa Costituzione ed alle comuni norme di Diritto.
Se uno dei presidenti delle prime quattro cariche dello Stato scaricasse proiettili di piombo nel corpo di una moglie o di un'amante, nessuno potrebbe trarlo in arresto.
Non soltanto per la fede si deve dire che si crede "quia absurdum". L'assurdo rientra tra le ipotesi normative delle cose.

Napolitano è una persona perbene. La sua prudenza politica lo ha portato a scegliere la firma del "lodo Alfano", quando avrebbe potuto percorrere altre due strade.
Richiedere che quella legge fosse approvata con l'iter previsto dalla Costituzione all'art. 138. Oppure inviare un messaggio alle Camere (art. 87).
Il rifiuto della firma avrebbe dovuto essere accompagnato da un messaggio "motivato" (art. 74), che è diverso da quello dell'art. 87. Quest'ultimo tipo di messaggio doveva partire dal Colle prima dell'approvazione parlamentare del "lodo Alfano".

Ciò non è avvenuto, come spiega con ineccepibile dottrina, il prof. Carlo Lodovico Grosso sulla "Stampa" di stamani, perché è stata scelta la strada del "male minore".
L'articolo di Grosso è emblematicamente intitolato "Di male minore in male minore", per avvertirci che così facendo si è intrapresa una strada pericolosa: "Di mediazione in mediazione, il quadro delle riforme compiute o in gestazione (...) è comunque desolante. Si è trasformato il presidente del Consiglio in una sorta di Principe liberato, sia pure a termine, dalle normali, doverose, responsabilità giudiziarie...".

Passando alla "ventilata riforma d'ottobre della giustizia italiana, Grosso osserva che "vi sono motivi di grande preoccupazione".
Queste cose il prof. Grosso le scrive in un "articolo di fondo" della "Stampa". E' la prima volta che il quotidiano torinese affronta la questione berlusconiana con un editoriale a tinte così fosche. Che non sono esagerate, ma il perfetto ritratto di una situazione grave. Come la ritrae l'autore del pezzo.

A proposito di giornali. "L'Unità" ha parlato di un "forte disagio" per il "lodo Alfano", con un invito a Napolitano a dire qualcosa al proposito.
Immediatamente si è voluta creare una contrapposizione fra il vecchio quotidiano comunista ribelle a Napolitano ed un ossequiente pensiero di Walter Veltroni.
Ma anche Veltroni è d'accordo sul fatto che sarebbe stato meglio "una legge costituzionale" (vedi art. 138).
Così si è espresso pure il "parisiano" Franco Monaco. L'unica nota stonata è quella venuta da Franca Chiaramonte, figlia di Gerardo ex direttore del foglio quand'era organo del Pci. Criticando Antonio Padellaro che guida la testata fondata da Gramsci, la signora Franca mostra come sia difficile percorrere strade nuove senza rimpiangere quelle vecchie.

E' questo il dramma interno al Pd. Grazie al quale oggi Berlusconi ha potuto rivendicare una patina di sinistra al proprio governo. E definire la sinistra suddita delle procure.
A questo punto il dramma del Pd rischia di diventare il dramma dell'Italia, passando "di male minore in male minore".


[Anno III, post n. 232 (609), © by Antonio Montanari 2008]

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Published by antonio montanari - dans Informazione
24 juillet 2008 4 24 /07 /juillet /2008 12:37

Pelizza_da_volpedo_iv_stato Merita un ricordo non soltanto "locale" Liliano Faenza, studioso, storico, saggista, scomparso ieri ad 86 anni.

Pubblico qui il testo che ho inserito nel mio blog intitolato "Rimini si racconta" che si legge sul sito ufficiale della Provincia di Rimini.

Liliano Faenza. La storia sono loro

Adesso di Liliano Faenza (era nato nel 1922) restano soltanto libri, articoli, saggi, il ricordo di una competenza messa più al servizio della cultura italiana che della città in cui è vissuto. E dalla quale non si era mai voluto allontanare. Con quella pigrizia fisica che visse come sfida a se stesso prima che al mondo. Quasi per dimostrare che bastava poco per vivere “bene”. Nei limiti di un concetto di bene che nulla aveva di cattolico, ma semmai era tutto socratico.

Quando parlava di religiosi, il gusto dell’aneddoto graffiante sui vizi segreti di certi ecclesiastici in vista, era l’inevitabile premessa all’elencazione di dati indiscutibili, cioè rispondenti alla verità effettuale delle cose. Aveva un gusto del pettegolezzo come certi scrittori che lo avevano elevato a cornice del ritratto di un personaggio.

Conosceva i classici della letteratura come le sue tasche, non sbagliava i riferimenti, abbondava in citazioni. Non per sfoggio erudito, non per esibizionismo culturale. Soltanto per confermare all’interlocutore che, in fondo, ognuno di noi è una specie di summa dei libri letti. Perché la vita e la Storia insegnano poco, affidate come sono agli egoismi delle persone e agli affari dei gruppi di potere economico e degli apparati politici.

Il suo modo di vivere spartano e vagamente da misantropo, s’accompagnava ad un filantropismo ideologico da socialista ottocentesco, in lotta continua con il trionfante comunismo di mezzo secolo scorso, a cui dedicava derisione e censure.
Per formazione intellettuale avrebbe dovuto sostenere che “la Storia siamo noi”. A rappresentare l’idea poteva bastare un’immagine del “Quarto stato” di Pelizza da Volpedo. Invece finiva per constatare con amarezza e non celato disgusto che “la Storia sono loro”, i potenti di turno che gestivano la cosa pubblica.
Questi potenti si sono sempre disinteressati di lui. Soltanto quando ormai era molto avanti negli anni gli consegnarono un riconoscimento un po’ platonico ed un po’ patetico, il “Sigismondo d’oro”, più utile agli amministratori cittadini per farsi belli che ai premiati per sentirsi finalmente famosi.

Un ricordo personale del 1961. Mi ero appena diplomato maestro elementare, avevo 19 anni. Partecipai al concorso indetto a Forlì. Mi ritrovai Faenza come vicino di banco. Già allora per noi era un mito. Lui aveva vent’anni più di me. Era laureato, lavorava alle Ferrovie dello Stato. Non aveva nessuna intenzione di cambiare mestiere. Voleva soltanto misurarsi in una prova intellettuale, ammesso che possa essere considerata tale un esame di concorso.

Leggendario era il racconto che si faceva del suo ufficio alle FFSS. Poche carte sul tavolo, inerenti al lavoro. Poi il cassetto della scrivania semiaperto, con i libri da leggere o da citare sui fogli che Faenza andava riempiendo. Agli occhi dei superiori erano carte d’ufficio. Invece si trattava di stesure di articoli, libri, saggi che Liliano Faenza stava componendo, perché poi nel tempo fuori dall’ufficio aveva altro da fare. Passare in libreria, vedere le ultime novità, lanciare qualche divertente frecciata verso questo o quel personaggio pubblico, poi rintanarsi nella biblioteca civica a sfogliare altre carte, a pensare per scrivere altre storie.

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Published by antonio montanari - dans Rimini
23 juillet 2008 3 23 /07 /juillet /2008 19:33
Il post "Pirati e lodi scolatische" è segnalato stasera in home da StampaWeb. Il post si legge anche qui.
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Published by antonio montanari - dans antoniomontanari
23 juillet 2008 3 23 /07 /juillet /2008 18:48
Polizia02h Piccole annotazioni da tenere a mente nella lettura dei giornali e nell'ascolto dei tg. Nei giorni scorsi circa il caso Telecom si era compreso, credo, che tutto era stato concluso per il meglio per quanto riguarda i papaveri della vicenda.
Oggi Giuseppe D'Avanzo su "Repubblica" spiega che si è trattato soltanto di un annuncio di fine indagine. Che non c'è stato alcun proscioglimento. Che insomma il caso non è chiuso.

Questa annotazioni che riguardano il caso Telecom, sono un po' utili anche per tutto il resto che ci passa il convento dell'informazione.
Tavaroli01g
Abbiamo un giornalismo diviso fra opposte tifoserie. Siamo molti caldi nel prender la parte di questo o di quello, "a prescindere" da tutto, dalla conoscenza dei fatti, dalla correttezza delle parole usate per presentarceli, dal giochetto di prestigio continuo che i tg fanno nel costruire la scaletta delle notizie, nel vestirne la presentazione, nel ricercare le immagini più adatte a colpire l'attenzione, non a fornire informazioni.

Il delitto di Ravenna di cui parlammo giorni fa, se fosse stato compiuto da un rumeno avrebbe scatenato l'iradiddio. Colpevoli sono stati soltanto degli italiani, e la vicenda è finita in coda ai tg.

Tutto bene, dunque, madama la marchesa? Ma non diremmo, viste le conclusioni di D'Avanzo: in quella vicenda è un via vai di persone che decidono sulla cosa pubblica senza avere alcuna responsabilità istituzionale, cominciando da "una filiera di immarcescibili massoni che lo scandalo della P2 non ha eliminato dalla scena".

Forse questi sono dati utili come dimostrazione da manuale di che cosa s'intende nella politica italiana per conservatorismo. Non si butta via nulla, soprattutto ciò che dovrebbe essere accantonato per primo. E' un po' la storia gastronomica del porco, di cui si utilizza tutto. Non per nulla abbiamo una legge elettorale che il suo genitore ha definito "porcata". Purtroppo sembra non essere l'unica della scena politica contemporanea.

[Anno III, post n. 231 (608), © by Antonio Montanari 2008]

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Published by antonio montanari - dans antoniomontanari
22 juillet 2008 2 22 /07 /juillet /2008 18:48
Scuola Pirati della strada e lodi agli studenti della maturità sono in crescita. Tra breve avremo qualche istituto di ricerca che ci illuminerà, dopo attento studio dei fenomeni, circa la possibilità che essi siano correlati fra loro.

Tra gli studenti la palma va alle ragazze. Sono ancora donne quelle che si pentono sempre di più dei tatuaggi procurati "sulla loro pelle" (negli USA).

Forse i tre dati hanno un terribile punto in comune, l'incoscienza e la finzione. Sì perché i bravissimi che escono con le lodi dalla nostra scuola alla fine delle superiori, non sanno quasi nulla di matematica.
Ed allora? Il pirata dimentica i propri doveri, gli studenti fingono di sapere, si fanno un bel tatuaggio di lodi sulla fronte e tra qualche anno, alle vere prove della vita, se ne pentiranno.Tatu
Ed allora se diranno di essere stati traditi da una scuola fanfarona, non avranno tutte le ragioni di questo mondo ma neppure tutti i torti. Intanto conservino con cura la lista dei ministri della PI degli ultimi vent'anni.

[Anno III, post n. 230 (607), © by Antonio Montanari 2008]

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