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  • : Notizie dall'Italia
  • : Storie, fatti e commenti a cura di Antonio Montanari Agg. 24.12.2021
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16 août 2008 6 16 /08 /août /2008 18:34

Europa, una vocazione per Rimini

Roma, 25 marzo 1957. L'Europa che nasceva a sei Stati (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo ed Olanda), era la realizzazione di un sogno politico diretto ad aprire nuovi orizzonti in un continente che, nel corso del Novecento, era stato ripetutamente ferito e distrutto dalle rivalità fra i Paesi nel segno di primati politici ed economici. La mia generazione (avevo quasi quindici anni), venuta al mondo proprio durante la seconda guerra mondiale, aveva motivo di nutrire una sincera speranza che i drammi di quelle precedenti non si ripetessero più. Finora fortunatamente è stato così.

Rimini nel 1957 già da tempo era una città con forte connotazione cosmopolita. La sua tradizione turistica l'aveva aperta allo scambio anche culturale con i popoli del continente. All'indomani della conclusione del conflitto durato dal 1939 al 1945, Rimini riprese ad accogliere ospiti dei Paesi europei con uno slancio simile a quello dell'effimero «miracolo economico» del resto d'Italia, ma con in più la certezza di rispondere ad una propria vocazione imprenditoriale ben salda anche dopo i momenti più bui. Vocazione che faceva dell'incontro con cittadini provenienti da Paesi diversi non soltanto lo strumento della propria ricchezza, ma anche l'occasione di sperare nella costruzione dell'unità politica del continente.

Nel 1980 il compianto prof. Giancarlo Susini, docente di Storia all'Università di Bologna, definiva Rimini una città «aperta» perché lungo i secoli ha tenuto le fila con l'Oriente e con il mondo per le vie del mare. Senza essere mai levantina, aggiungeva, in essa «qualche suo campanile si leva su come un minareto».

L'Europa di oggi guarda ad Oriente per fare del Mediterraneo il mare «nostro» non nel senso antico del termine usato dai Romani, ma in quello moderno di una comunanza di interessi ed intenti di tutte le popolazioni che vi si affacciano. In questo contesto e secondo queste prospettive, l'esperienza storica di Rimini ne fa una città antesignana dell'europeismo in virtù di un'esperienza che addirittura risale alla metà del Quattrocento. L'allora signore della città, Sigismondo Pandolfo Malatesti, ci ha lasciato un simbolo non soltanto della sua azione ma anche dei suoi progetti politici che sentiamo come nostri contemporanei. Mi riferisco al Tempio il quale racconta il senso della continuità storica del bacino mediterraneo, fatta di sintesi unificatrice che privilegia l'accordo, l'identificazione, il riconoscimento di ciò che è comune, mentre l'analisi strettamente geografica delle singole entità territoriali tende a dividere ed a contrapporre.

Se ripercorriamo pure le vicende culturali dei secoli successivi a quello di Sigismondo, vediamo un respiro non provinciale nelle nostre terre, anzi una prospettiva aperta allo scambio con le menti migliori dell'Europa. Citerò soltanto due esempi. Nel 1680 Marcello Malpighi invia da Bologna alla accademia londinese della Royal Society (di cui è socio), la copia di un testo scientifico pubblicato due anni prima da un uno studioso nato nel 1647 nella diocesi di Rimini, Giuseppe Antonio Barbari. Quel libro è ancor oggi a Londra, presso la British Library. Nel secolo successivo il nome del medico e scienziato riminese Giovanni Bianchi (1693-1775) gira per l'Europa soprattutto grazie ad un suo libro del 1739 dedicato alle conchiglie «poco note» ritrovate in riva al nostro mare.

Antonio Montanari

Riministoria
il Rimino


Antonio Montanari, 47900 Rimini, via Emilia 23 (Celle), tel. 0541.740173
"Riministoria" e' un sito amatoriale, non un prodotto editoriale.
Tutto il materiale in esso contenuto, compreso "il Rimino", e' da intendersi quale "copia pro manuscripto".

Quindi esso non rientra nella legge 7.3.2001, n. 62, "Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo 2001.

Pagina creata: 16.08.2008, 16:27
Europa, una vocazione per Rimini
Testo preparato nel 2007 per il "Corriere" di Rimini che non lo ha pubblicato
Europa.Rimini.2008
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15 août 2008 5 15 /08 /août /2008 17:34
Famigliacristiana Come al solito, sotto qualsiasi governo, a qualsiasi latitudine, si segua il calendario romano oppure quello ambrosiano, in Italia è difficile (se non impossibile) discutere di un qualsiasi argomento politico con quel minimo di calma che dovrebbe escludere le aggressioni personali ed i travisamenti dei dati di fatto.

Un giornalista di "Famiglia cristiana", Beppe del Colle, riporta una frase dalla rivista francese dei Gesuiti "Esprit": "gli italiani sono incredibilmente duri contro i romeni e gli zingari". Ed aggiunge di suo: "Speriamo che non si riveli mai vero il suo sospetto che stia rinascendo da noi sotto altre forme il fascismo".

Il tutto diventa nel dibattito pubblico nostrano: "Famiglia cristiana" accusa il governo Berlusconi di essere fascista.

Miopia della stampa italiana, pigrizia intellettuale dei politici, tutto va bene: ma poi se si muove persino "il Vaticano"... Ed allora c'è da pensare che pure al di là delle mura leonine hanno preso fischi per fiaschi, arrivando addirittura alla autorevole dichiarazione di padre Lombardi che non potendo dire altro sostiene la  cosa più ovvia di questo mondo: "Famiglia cristiana" non rappresenta nè il Vaticano né la Cei.

Ma nessuno, adulto e vaccinato, lo ha pensato. Per cui il direttore del settimanale dei Paolini ha facilmente puntualizzato: "Mai ci siamo sognati di rappresentare ufficialmente il Vaticano o la Cei, che hanno loro organi ufficiali di stampa: l'Osservatore Romano e l'Avvenire".   

Al direttore del settimanale sono state indirizzate quintalate di improperi, ivi compresa l'accusa di essere un gaudente perché si trovava in qualche zona di mare.

Il prof. Luca Ricolfi ha scritto oggi un bel fondo sulla "Stampa".
Prima ha richiamato la sana ricetta di Luigi Einaudi, "Conoscere per decidere". Ma poi si è fatto avvolgere pure lui dal fascino della polemica, osservando: "L’aggettivo «fascista», che quand’ero studente universitario veniva brandito contro chiunque la pensasse diverso (dal politicamente corretto del momento), viene ora dissepolto dal settimanale Famiglia Cristiana per stigmatizzare alcune decisioni del governo in carica, in particolare sull’esercito per le strade, le impronte ai bambini rom, la social card di Tremonti (bollata come «carità di stato»: paura di perdere il monopolio, cara Chiesa?)".

Come si è visto Beppe Del Colle non ha usato l'aggettivo "fascista" per "stigmatizzare alcune decisioni del governo in carica".
Ma ha soltanto riportato un sospetto di "Esprit", augurandosi che esso non sia vero ("Speriamo che non si riveli mai vero il suo sospetto che stia rinascendo da noi sotto altre forme il fascismo").

Il quotidiano cattolico "La Croix" ha ripreso un lancio AFP in cui si legge: "Mercredi, l'éditorialiste, Beppe Del Colle, a rappelé à l'attention de M. Giovanardi les inquiétudes du Parlement européen, citant aussi la revue jésuite française Esprit qui avait parlé du "ton incroyablement dur des Italiens" envers les Tziganes et les Roumains".

Non sono riuscito a trovare sul sito di "Esprit" il testo citato da Del Colle.

C'è forse un accenno indiziario nell'editoriale dell'ultimo numero (08-09/2008): "Il aborde deux phénomènes paradoxaux (la "barbarisation du bourgeois" et l'"embourgeoisement du barbare") qui manifestent bien l'effacement des frontières traditionnelles entre démocraties libérales et État autoritaires".
Se qualche lettore ha sottomano il numero di agosto-settembre di "Esprit", può illuminarci con una citazione esatta e completa.

Una curiosità della serie "non si muove foglia...". Mentre a Beppe del Colle le forze di governo hanno indirizzato la classica e ammuffita accusa di "catto-comunismo" (immemori delle critiche che il suo settimanale aveva rivolto al precedente governo di centro-sinistra), oggi Fabio Martini su "La Stampa" ricostruisce il retroscena della crisi dell'esecutivo guidato da Romano Prodi, riprendendo una notizia relativa al cardinal Bagnasco. Ore 17:05 del 21 gennaio 2008, l'Ansa batte una dichiarazione del porporato presidente della Cei: l'Italia è "sfilacciata" e ridotta a "coriandoli". Nessuno parlò allora di catto-fascismo...

Altri interventi di Bagnasco, citati nel mio blog (cerca tutto con Google):
- maggio 2007, denuncia la povertà che si diffonde in grandi fasce della popolazione;
- ottobre 2007, s
i chiede lavoro stabile per creare famiglie fondate sul matrimonio;
- gennaio 2008, l
'Italia ha bisogno di serenità;
- maggio 2008, sull'importanza del ruolo degli immigrati nella nostra società.

[Anno III, post n. 254 (631), © by Antonio Montanari 2008]

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15 août 2008 5 15 /08 /août /2008 11:33
Cossiga150808 Ieri, Bassam Abu Sharif, ex portavoce del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, in un'intervista al "Corriere della Sera" confermava quanto si sapeva già da tempo. Esisteva al tempo di Aldo Moro un patto segreto fra l'Italia e lo stesso Fronte: "Ci veniva concesso di organizzare piccoli transiti, passaggi, operazioni puramente palestinesi, senza coinvolgere italiani. Dovevamo informare le persone opportune: stiamo trasportando A, B, C... Dopo il patto, ogni volta che venivo a Roma, due auto di scorta mi aspettavano per proteggermi. Da parte nostra, garantivamo anche di evitare imbarazzi al vostro Paese, attacchi che partissero direttamente dal suolo italiano".

Lo scorso 8 luglio, in un'intervista concessa ad Aldo Cazzullo per lo stesso quotidiano di via Solferino, Francesco Cossiga aveva ribattezzato quell'accordo segreto fra Italia e FPLP come "lodo Moro". Aggiungendo: «La strage di Bologna è un incidente accaduto agli amici della "resistenza palestinese" che, autorizzata dal "lodo Moro" a fare in Italia quel che voleva purché non contro il nostro Paese, si fecero saltare colpevolmente una o due valigie di esplosivo. Quanto agli innocenti condannati, in Italia i magistrati, salvo qualcuno, non sono mai stati eroi. E nella rossa Bologna la strage doveva essere fascista. In un primo tempo, gli imputati vennero assolti. Seguirono le manifestazioni politiche, e le sentenze politiche".

Oggi Francesco Cossiga torna sull'argomento con una lettera al "Corriere della Sera", impaginata assieme ad un servizio in cui parla Giovanni Pellegrino, già presidente della Commissione stragi. Pellegrino ricorda che, dell'accordo con il FPLP, accenna lo stesso Aldo Moro in una lettera durante la sua prigionia: "Noi con i palestinesi ci regoliamo in altro modo" aveva scritto.

Cossiga con quel suo stile che mescola amare verità a sottili ironie, dice sostanzialmente queste cose:

- del "patto di non belligeranza segreto" fra Italia e FPLP Cossiga ha saputo "non da carte o informazioni ufficiali" che gli "sono state sempre tenute segrete";
- Aldo Moro gestiva personalmente i servizi segreti "saltando la scala normale gerarchica";
- non è la classe politica al governo o in parlamento a guidare i servizi, ma succede il contrario: la riforma se la faranno "loro" (ovvero i servizi), spiega Cossiga,  "quando vorranno e come riusciranno a farla anche in relazione ai rapporti di forza, non certo determinati del potere politico!";
- infine: "E non pretendano i politici di conoscere i veri segreti di Stati: purtroppo non c'è più neanche la vigilanza del Partito Comunista che qualche volta ce ne metteva a parte!".

Chissà se trascorso il ferragosto e chiuse le feste di partito, i nostri politici troveranno tempo e modo per chiarire le questioni poste da Cossiga sul problema dei rapporti tra parlamento, governo e servizi segreti.
Le scomode verità ricordate da lui oggi nella lettera al "Corriere della Sera", non ammettono che non se ne parli, al di là della questione della strage di Bologna che viene legata a quel patto segreto.

Cossiga aveva detto, sempre al "Corriere" l'8 luglio, come abbiamo già riportato: "La strage di Bologna è un incidente accaduto agli amici della "resistenza palestinese", che si fecero saltare colpevolmente una o due valigie di esplosivo".
Ieri Bassam Abu Sharif nella sua intervista lo ha smentito categoricamente: "Non c'entriamo niente. Nessuno ordine è venuto da me. Il massacro non ha niente a che vedere con organizzazioni palestinesi. Neppure un incidente. Non c'era nessuna ragione per farlo, soprattutto a Bologna".

La lettera di oggi è una risposta a Bassam Abu Sharif, con una serie di inediti particolari, tra cui quello della irregolare dotazione di armi pesanti per la rappresentanza diplomatica della Lega araba, e l'altro del "noto esponente della sinistra extra-parlamentare" che conduceva "un missile terra-aria intercettato da una normale pattuglia della Stradale".

Circa il passo della lettera di oggi in cui Cossiga scrive che "purtroppo non c'è più neanche la vigilanza del Partito Comunista che qualche volta ce ne metteva a parte!", va ricordato un episodio del novembre 2007. Allora Cossiga sostenne che, al tempo della prigionia di Moro, ben mille comunisti "sapevano".
Allora ci chiedemmo: "come mai, se mille comunisti sapevano, nessuno delle migliaia di agenti dei cosiddetti 'servizi' che hanno sempre controllato i politici di governo e di opposizione, ha appreso che 'quelli' sapevano?".
Su questo problema potrebbe tornare lo stesso presidente Cossiga. Alle scomode verità ricordate da lui oggi, si aggiungono le oscure allusioni del passato. Forse gli stessi politici dovrebbero studiarle. E dircene qualcosa.

Archivio "Cossiga" in questo blog:
- cerca con Google
- le "dimissioni" del 2006
- i "mille" che sapevano
- "enfant terrible".

[Anno III, post n. 253 (630), © by Antonio Montanari 2008]

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Published by antonio montanari - dans Informazione
13 août 2008 3 13 /08 /août /2008 18:23
Capezzone_2 Cosa fatta (in politica), Capezzone ha. Passato dalle barricate pannelliane alla guardia del fortino berlusconiano, non mai ha mostrato una piega amara su quel volto così severo nella sua dogmatica serenità, né prima né dopo.
Né quando era radicale, e quindi in sempiterna opposizione, né da quando è governativo. Ovvero devoto al verbo del suo Partito e del suo Governo. Le maiuscole non sono nostre. Ci sembra di vederle dominare la sua mente ed il suo eloquio così elegante e nello stesso tempo sfottente.

Non invidiamo il suo ruolo di portavoce del Capo. Non ci stupisce la prontezza con cui confeziona una dichiarazione: su qualsiasi argomento e con qualsiasi tempo.
Constatiamo soltanto la felice condizione di un uomo che sa di trovarsi sempre dalla parte giusta. Di una persona che del dubbio ha fatto carta straccia, che se ne va sicuro con le sue certezze politiche, o che almeno dà a bere che lui conosce il segreto per risolvere qualsiasi problema si ponga. Con un tono talora leggermente arrogante.

Come quando ieri, alla notizia dell'articolo di "Newsweek" dedicato ai miracoli politici del cavaliere compiuti in soli 100 giorni (salvo complicazioni), non soltanto ha gioito legittimamente definendo quella del settimanale americano una "analisi lucida", ma ha sentenziato con una sintesi garibaldina: "Il Pd rifletta".

Non un suggerimento, ma un ordine "categorico" (come avrebbe detto il cavalier Benito). L'on. Amato, che ha aderito alla "Attalì de Noantri", pare abbia avuto un brivido di emozione pensando (segretamente) di aver precorso l'imperativo categorico del buon Capezzone.

Dobbiamo confessare che il richiamo al cavalier Benito, dopo aver parlato dei miracoli del cavalier Silvio, ce lo ha tirato fuori con le pinze un articolo di "Famiglia cristiana" lanciato alle agenzie poco fa. Il settimanale paolino si augura che in Italia non "stia rinascendo sotto altre forme il fascismo".
Prima di sapere che cosa ne pensiamo noi stessi, attendiamo una reazione ufficiale del portavoce Capezzone, per poi sostenere tutto l'opposto di quanto vorrà graziosamente dirci.

[Anno III, post n. 252 (629), © by Antonio Montanari 2008]

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12 août 2008 2 12 /08 /août /2008 12:07
Togliatti A San Mauro Pascoli hanno "processato" Palmiro Togliatti. Padre della democrazia o servo di Mosca? Il "Migliore" se l'è cavata per un pelo (quattro voti a favore e tre contrari), dopo le arringhe di accusa e difesa, e grazie ad una giuria "popolare" composta da un "industrial manager" (il presidente, Fabrizio Casadei), e sei giornalisti tutti di testate locali.

Uno di questi giornalisti è soltanto esperto di questioni economiche, due altre colleghe sono ben ferrate in storia e politica, un altro dichiara nel suo sito tra i fatti memorabili della sua vita che
è stato decorato del titolo di commendatore al merito della Repubblica da Silvio Berlusconi e di essere stato pure cantante-ballerino.

Riproduco il commento che un altro giornalista locale (non in giuria), Filippo Fabbri, ha composto nel suo blog: "Decisamente noioso il Processo a Togliatti. Ravvivato dal colpo di coda dell'assoluzione finale. Guardando la giuria, un mezzo miracolo. Certo che sarebbe stato un bel colpo: Togliatti condannato a casa propria. Intendendo per casa la Romagna Rossa e non certo le sue origini anagrafiche. Personalmente avrei optato per l'assoluzione".

In un paese come l'Italia in cui si fa fatica a far giustizia con i vivi, figuriamoci se è "facile" gestirla nei confronti di trapassati illustri come Togliatti. Il comunismo (anche) in Italia non è mai stato soltanto un fatto politico, ma soprattutto una "religione" neppure tanto laica.
Sarebbe curioso conoscere il pensiero segreto dei giurati sul comportamento avuto da Togliatti in Russia, quando i suoi connazionali antifascisti rifugiatisi nella patria del comunismo, subirono una tragica fine. Oppure non ne sapevano nulla?

Togliatti, ha scritto Enrico Nistri, "avallò la deportazione in Siberia di antifascisti italiani ritenuti da Stalin 'deviazionisti' o giustificò con argomentazioni paludate di hegelismo d’accatto il trattamento inumano dei nostri prigionieri in Russia".

Un "processo" divenuto spettacolo con troppi giurati "popolari" estranei alle tematiche storiche, resta un fatto "estivo", divertente o noioso che sia.

Sul tema, si può leggere questo interessante pezzo che esula dai fatti contingenti (il processo di San Mauro a Togliatti), ma pone una seria questione: che cosa significa giudicare un personaggio storico?


[Anno III, post n. 251 (628), © by Antonio Montanari 2008]

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11 août 2008 1 11 /08 /août /2008 17:04

Calderoli

Ritorna vincitor. Si scrive sui giornali e sul web che il ministro Calderoli ha già abrogato 3.500 leggi. Il decreto legge n. 112 del 25 Giugno 2008 prevede che si provveda entro 180 giorni (art. 24, primo comma). Ma a questo elemento si aggiunge: "Il Governo individua, con atto ricognitivo, le disposizioni di rango regolamentare implicitamente abrogate in quanto connesse esclusivamente alla vigenza degli atti legislativi inseriti nell'Allegato A". Il quale contiene un elenco di 3.574 leggi.

Nel primo comma si legge che è fatta "salva l'applicazione dei commi 14 e 15 dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246".
Il comma 14 della legge 246 rimanda al comma 12 che prevede: "Al fine di procedere all’attività di riordino normativo prevista dalla legislazione vigente, il Governo, avvalendosi dei risultati dell’attività di cui all’articolo 107 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, individua le disposizioni legislative statali vigenti, evidenziando le incongruenze e le antinomie normative relative ai diversi settori legislativi, e trasmette al Parlamento una relazione finale".

Poi il comma 14 precisa: "Entro ventiquattro mesi dalla scadenza del termine di cui al comma 12, il Governo è delegato ad adottare, con le modalità di cui all’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, decreti legislativi che individuano le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al 1º gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti successivi, delle quali si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, nel rispetto dell’articolo 1, comma 2, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi: a) esclusione delle disposizioni oggetto di abrogazione tacita o implicita; b) esclusione delle disposizioni che abbiano esaurito o siano prive di effettivo contenuto normativo o siano comunque obsolete; c) identificazione delle disposizioni la cui abrogazione comporterebbe lesione dei diritti costituzionali dei cittadini; d) identificazione delle disposizioni indispensabili per la regolamentazione di ciascun settore, anche utilizzando a tal fine le procedure di analisi e verifica dell’impatto della regolazione; e) organizzazione delle disposizioni da mantenere in vigore per settori omogenei o per materie, secondo il contenuto precettivo di ciascuna di esse; f) garanzia della coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa; g) identificazione delle disposizioni la cui abrogazione comporterebbe effetti anche indiretti sulla finanza pubblica."

Da parte sua il comma 15 prescrive: "I decreti legislativi di cui al comma 14 provvedono altresì alla semplificazione o al riassetto della materia che ne è oggetto, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui all’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, anche al fine di armonizzare le disposizioni mantenute in vigore con quelle pubblicate successivamente alla data del 1º gennaio 1970".

Ma non dimentichiamo il comma 17 della n. 246:
"Rimangono in vigore:  a) le disposizioni contenute nel codice civile, nel codice penale, nel codice di procedura civile, nel codice di procedura penale, nel codice della navigazione, comprese le disposizioni preliminari e di attuazione, e in ogni altro testo normativo che rechi nell’epigrafe l’indicazione codice ovvero testo unico; b) le disposizioni che disciplinano l’ordinamento degli organi costituzionali e degli organi aventi rilevanza costituzionale, nonchè le disposizioni relative all’ordinamento delle magistrature e dell’avvocatura dello Stato e al riparto della giurisdizione; c) le disposizioni contenute nei decreti ricognitivi, emanati ai sensi dell’articolo 1, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131, aventi per oggetto i princìpi fondamentali della legislazione dello Stato nelle materie previste dall’articolo 117, terzo comma, della Costituzione; d) le disposizioni che costituiscono adempimento di obblighi imposti dalla normativa comunitaria e le leggi di autorizzazione a ratificare trattati internazionali; e) le disposizioni tributarie e di bilancio e quelle concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco;  f) le disposizioni in materia previdenziale e assistenziale; g) le disposizioni indicate nei decreti legislativi di cui al comma 14".
Il cerchio si chiude: dal comma 14 siamo partiti, al comma 14 siamo arrivati.

Auguri ministro Calderoli. Se questa è la semplificazione spacciata dalle notizie che dichiarano già svanite nel nulla già 3.574 leggi "inutili", ha proprio bisogno di tanti auguri.
Una curiosità: la prima normativa da cancellare, è del 1864 (dico: 1864) e riguarda "L'AFFRANCAMENTO DEI CANONI ENFITEUTICI, LIVELLI, CENSI, DECIME ED ALTRE PRESTAZIONI DOVUTE A CORPI MORALI".
Calderoli, come Radames, ritorna vincitor... Abbiamo i nostri dubbi sulla riuscita dell'impresa. E non per colpa del ministro.

[Anno III, post n. 250 (627), © by Antonio Montanari 2008]

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Published by antonio montanari - dans Informazione
10 août 2008 7 10 /08 /août /2008 19:25
Sulla "Stampa" di oggi si parla anche della mia città, Rimini, a proposito delle "archistar", ovvero delle stelle della progettazione urbanistica, e delle "speculazioni griffate".
Vedo che Rimini è in buona compagnia. Ma non è vero che "mal comune, mezzo gaudio".

Quel lungomare cementificato che si prospetta sulla costa riminese, solleva molti dubbi. Alcuni sono legati alla realtà locale. Come si è letto su qualche giornale romagnolo, non sappiamo se siano stati fatti studi sulla situazione geologica riminese.
Di certo non si è tenuto presente che il momento attuale è di annuncio di una grave crisi economica planetaria. Per cui quando avranno creato luoghi da vendere a caro prezzo, chi avrà i soldi per comprarli?

In questi giorni si è affacciato ufficialmente il discorso del riciclaggio del denaro sporco sulla nostra costa.
Il presidente della Provincia ed il sindaco di Rimini si sono detti notevolmente preoccupati per notizie che "configurano un quadro di infiltrazione malavitosa in diversi settori del tessuto economico-imprenditoriale" locale.
Ma il problema non è nuovo così come sembrano credere i nostri amministratori odierni.

1993. Il presidente dell’Antimafia, Luciano Violante, dichiara: "La mafia in Riviera ha vestito i panni puliti della intermediazione finanziaria, ma è ben presente".  Gli usurai hanno "i colletti bianchi": a gennaio sono stati eseguiti nove arresti, e quattro società dal credito ‘facile’ sono finite sotto inchiesta con l’accusa di truffa ed associazione a delinquere.

1994. Un tecnico, Giancarlo Ferrucini, occupandosi del "balletto dei fallimenti", ipotizza che vi sia interessata anche la mafia, con infiltrazioni (già denunciate dalla Commissione parlamentare antimafia) che "potrebbero attecchire più facilmente nei settori dell’abbigliamento e della ristorazione, dove fra l’altro si verificano frequenti turn over nella titolarità delle aziende".

1994. Il senatore Carlo Smuraglia, estensore per la Commissione antimafia del dossier sugli insediamenti mafiosi in "aree non tradizionali" spiega che "in Romagna è ben presente la mafia che lavora in camicia e cravatta, quella che è più difficile" da combattere rispetto a quella che spara e prepara stragi.

1994, ancora. La Rete di Leoluca Orlando, sezione di Rimini, in occasione dell’assemblea nazionale tenutasi a Riccione lancia pesanti accuse alle Giunte di sinistra che avrebbero sottovalutato il fenomeno mafioso in Romagna.

Dicembre 2005. Il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso spiega: anche per Rimini vale il principio che il denaro si accumula al Sud e si investe al Nord.

Quindi, è fuori luogo l'odierna sorpresa dei pubblici amministratori circa "le notizie emerse nelle ultime settimane". Anzi sorprende la loro sorpresa.
Una volta erano i Comuni a controllare ad esempio la concessione delle licenze commerciali. Adesso non si usa più? Basterebbe questo strumento per tener d'occhio una realtà urbana e le persone che vi arrivano da fuori o i prestanomi locali nullatenti. Non occorre attendere il "Patto per la Sicurezza che entro l’autunno, Provincia, Comune e Prefettura di Rimini definiranno e sottoscriveranno con il Ministro degli Interni Roberto Maroni" di cui parlano presidente della Provincia e sindaco di Rimini nella dichiarazione di due giorni fa.

Precedenti post sul tema: "Balle e non fatti", "Il partito del cemento".

[Anno III, post n. 249 (626), © by Antonio Montanari 2008]

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Published by antonio montanari - dans Rimini
9 août 2008 6 09 /08 /août /2008 18:31
Senodipoi2_2 Nulla ci calerebbe della vita erotica o puramente sentimentale dei nostri leader politici, se non fosse per via della solfa che essi fanno in difesa del modello cristiano della famiglia, quando a buon diritto sono palesemente libertini e poligami, secondo quel modello.
Ad altrettanto buon diritto, dovrebbe essere lasciata pure agli altri la stessa possibilità di scelta che essi hanno operato con quelle piccole garanzie per le "coppie di fatto" che scandalizzano lorsignori. Fermo restando il dato che il sottoscritto ha seguìto il modello cristiano, senza pentimento alcuno, ma anzi sempre più convinto che esso possa in moltissime situazioni essere un'ancora di salvezza ben salda. Ma ciò non significa che poi agli altri non debba essere lasciata ogni libertà laicamente e legalmente intesa.

Nulla dunque ci interesserebbe delle recenti foto che ritraggono il nostro premier con relativa attuale consorte, se non fossimo costretti a riflessioni non superficiali da quanto sopra di esse scrivono i giornali.

Dove l'interpretazione politica ovviamente prevale sul puro pettegolezzo inteso come divagazione da chiacchiera estiva tanto per passare il tempo.
Sul "Corsera" Maria Latella che bene conosce Veronica Lario (a cui nel 2004 ha dedicato una biografia "autorizzata", "Tendenza Veronica"), attribuisce a quest'ultima una battuta pungente al punto da apparire autoconsolatoria. Il cavaliere ha indispettito varie volte la consorte. Il farsi ritrarre felice assieme a lei può aver rattristato, secondo la signora Lario, quanti speravano in un loro divorzio.
Da usare come arma politica, aggiungiamo, allo stesso modo con cui è stata utilizzata la presenza di questi libertini bigami in piazza San Pietro per la difesa dell'ideale cristiano di famiglia.

Proprio la presenza insolita della signora Lario sulla scena dell'attualità, induce Maria Latella a scrivere che se "la casalinga di Macherio" ha lasciato il suo eremo, "una qualche sostanza ci dev'essere".

Nel settimanale femminile allegato al "Corsera" odierno, Guia Soncini offre un'interpretazione inizialmente in linea con quella di Maria Latella, ma con conclusioni opposte.
Le "foto di Portofino" di Veronica Lario offrono un'imperdonabile criniera al vento, tessuti lucidi peggio di quelli delle ballerine di Drive-In, la scollatura "scesa", scrive Gaia Soncini. Che in base a tutto ciò ritiene che la signora Lario abbia voluto esprimere "un boicottaggio politico del marito": "Il messaggio alla nazione suona qualcosa come: se non riesco a far star su il décolleté di mia moglie, figuriamoci il Paese".

Insomma, l'abito fa il monaco e fa pure la consorte del premier. Anzi dice dello stesso premier quello che nessuno oserebbe ammettere nel suo ambiente. Veronica Lario, dunque, per Gaia Soncini, è la "metafora del crollo di un sistema-Paese". Lo Stivale cede come il "balconcino" della signora del primo-ministro.

Crolla la spesa pubblica, cala la moneta circolante. Se anche uno sguardo levato in alto costringe ad abbassare gli occhi, allora cascano veramente le braghe, come dicevano una volta.

[Anno III, post n. 248 (625), © by Antonio Montanari 2008]

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Published by antonio montanari - dans antoniomontanari
8 août 2008 5 08 /08 /août /2008 18:57
Grazie ai lettori del blog spagnolo "blog.iespana.es"!
Ho raggiunto ventimila visitatori dal 7 febbraio 2007. I diecimila erano stati segnalati il 28 gennaio 2008. Quindi il raddoppio è avvenuto in poco più di sei mesi.
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Published by antonio montanari - dans Informazione
8 août 2008 5 08 /08 /août /2008 18:31
Berlusconibefana Quel Berlusconi napoletano con la ramazza, rassomiglia tanto ad una befana qualsiasi. Lui la brandiva, la befana la cavalca quando, nelle rituali occasioni da calendario, invita a fare festa ed a recare doni a chi crede ancora alle favole.

Noi siamo come quella sua guardia del corpo, piuttosto perplessa ed amareggiata, che gli sta sopra la testa e guarda tristemente l'esibito trofeo.
Una ramazza, appunto. Che dà icasticamente l'idea della condizione in cui si trova il Bel Paese.
Un mondo di ciarlatani che diffonde il contagio anche a chi arriva dall'estero.

Esperienza fresca fresca, come il pesce appena pescato. Di stamani. Conosco una signora russa che assiste una mia parente. Le ho chiesto di procurarmi una badante per un mio congiunto. Ci troviamo noi tre, la signora, la badante russa da impiegare, ed il sottoscritto.
Pattuiamo il compenso secondo i contratti vigenti. La badante da impiegare vuole vedere il malato da assistere che non è ancora stato dimesso dall'ospedale. La accompagniamo a vedere il malato da assistere.
Poi vuole vedere la casa dove abita il malato. Le facciamo vedere la casa, la sua stanza (della badante), il suo letto (idem). La facciamo sedere a tavola. Mangia pochissimo, due spaghetti, un po' di carne, due foglie d'insalata, mezzo bicchiere d'acqua, un po' di cocomero.

Chiede di vedere il giardino. Le facciamo vedere il giardino. Lo ispeziona con sguardo attento. Sa soltanto lei che cosa significhi il tipo ed il disegno del giardino (tutta roba semplice e grezza) con l'assistenza al malato.
Alla fine quando deve comunicarci se accettare o meno l'incarico di badante ("tutto in regola"), prima assume il tono austero di chi deve pronunziare una sentenza in tribunale, poi corregge la cifra detta al mattino, e vi aggiunge altri cento euro.

La ringraziamo di cuore rifiutando il contratto, le diamo 15 euro per il disturbo recatole, la riaccompagniamo dove deve andare. Con sorriso sulle labbra di tutti. Ed un retropensiero, in me: "Ma guarda come questi stranieri imparano subito da noi italiani a taroccare le carte".

I cattivi esempi trionfano. La ramazza del Cavaliere è l'alibi per questo "Paese di ladri o con vocazione ladresca", come lo chiama Giorgio Bocca sul "Venerdì di Repubblica" uscito oggi. L'alibi per coprire il ridicolo. Gli affamati che cercano nei bidoni gli scarti alimentari commestibili sono equiparati a temibili delinquenti. Contro di loro si scateneranno le forze dell'Ordine.

La ramazza del Cavaliere riassume un atteggiamento poco nobilmente politico e per nulla democratico: quello di chi crede di aver sempre ragione e di considerare dalla parte del torto tutti gli altri.

La ramazza del Cavaliere è uno di quei cattivi esempi che il governo (centrale o periferico non fa differenza) poi trasforma in decreti, dando la caccia ai morti di fame. E spiegando a tutto l'universo mondo che il più intelligente è chi fa il furbo, come la gentile signora russa che in tre ore ha alzato di cento euro la tariffa legale e chiedendo un compenso extra se la camicia da stirare non apparteneva al malato ma ad altra persona di casa.

[Anno III, post n. 247 (624), © by Antonio Montanari 2008]

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